4. Napoleone dal consolato all'impero
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Il termine codice indica una raccolta sistematica delle norme giuridiche di una determinata branca del diritto, allo scopo di fornire ai membri di una comunità le regole che ne permettono un’ordinata convivenza. Il Codice napoleonico ebbe un’enorme importanza: esportato in tutti i Paesi dove giunsero le armate di Napoleone, esso fu preso a modello da tutti gli Stati dell’Europa continentale.
Accordo tra uno Stato e lo Stato della Chiesa per stabilire i rapporti tra potere civile e potere ecclesiastico, per esempio in merito alle disposizioni sui luoghi di culto.
Il diritto di maggiorasco era, nell’antico sistema successorio, il diritto del primogenito di ereditare tutto il patrimonio familiare.
Consultazione elettorale su questioni di particolare importanza, nella quale si chiede a tutto il popolo di esprimere una scelta netta: a favore o contro.
Il termine patriota, che compare per la prima volta in questo capitolo, è il filo conduttore degli eventi storico-politici che hanno riguardato l’Europa e l’America Latina nel corso della prima metà dell’Ottocento.
Il termine si ricollega all’idea che un gruppo di individui, che sono legati da particolari vincoli linguistici e culturali e da un insieme di valori tradizionali ritenuti unici e caratteristici, costituisca una comunità, a cui deve essere riconosciuta non solo l’autonomia ma anche l’indipendenza. Nasce da questa presa di coscienza il sentimento nazionale, inteso come amore per la propria patria: la terra dei padri, il luogo degli affetti che si sono creati nel tempo attraverso legami di lingua, di religione e di tradizioni. Non è quindi un caso che siano molti i proverbi e i modi di dire – nati proprio nell’Ottocento – che esaltano questo sentimento. Eccone due: «Chi fa onore alla sua patria, è nobile abbastanza» e «Chi non ama la sua patria, è un figlio ingrato».
In origine i Mamelucchi furono schiavi (in arabo mamluk significa “schiavo”) acquistati da funzionari reali presso le popolazioni non musulmane per farne dei soldati, poiché era vietato ai musulmani combattere altri musulmani. Al termine di lunghi anni di addestramento, i Mamelucchi acquistavano la libertà ed entravano al servizio dei potenti signori locali. Essi costituirono a lungo la più efficiente forza militare del mondo islamico.
In Egitto, nel XIII secolo, il loro potere crebbe a tal punto che divennero la dinastia regnante fino agli inizi del XVI secolo, quando gli Ottomani occuparono il Paese. Tuttavia i Mamelucchi erano ancora abbastanza potenti quando, nel 1798, furono rovinosamente sconfitti alle Piramidi da Napoleone. Il loro valore non passò però inosservato: dopo quella battaglia furono portati in Francia e organizzati in un battaglione. Tra il 1805 e il 1807 essi parteciparono a tutte le più importanti battaglie di Napoleone, tra cui quella di Austerlitz.
Nel 1796 la Francia del Direttorio, lungi dall’aver risolto i problemi sociali e politici, continuava a trovarsi in una persistente crisi economica, con forti contrasti interni e per di più con due nemici alle porte: Austria e Gran Bretagna. Per dare sicurezza al Paese, impegnare i soldati e cercare nuove risorse, il Direttorio decise di attaccare l’Austria e il Regno di Sardegna, suo alleato, sia in Europa centrale sia in Italia. Le due armate del fronte orientale, schierate lungo il Reno e la Mosa, vennero bloccate dall’esercito austriaco. A sud, invece, il giovane generale Napoleone Bonaparte (1769-1821), ricevuto il comando dell’armata d’Italia, riuscì, con una stupefacente mossa tattica, a condurre il proprio esercito alla vittoria sia contro il Regno di Sardegna, da cui ottenne i territori di Nizza e della Savoia, sia contro gli Austriaci: il 15 maggio del 1796 Napoleone fece il suo ingresso a Milano. In seguito attaccò anche i Ducati di Parma e di Modena, lo Stato pontificio e la fortezza austriaca di Mantova.
Con la pace di Campoformio (un piccolo paese del Friuli alle porte di Udine), stipulata il 17 ottobre 1797, alla Francia furono riconosciuti il possesso del Belgio, della Lombardia e dell’Emilia, mentre all’Austria fu permesso di impadronirsi dell’Istria, della Dalmazia e del Veneto.
Dopo circa mille anni di indipendenza, la Repubblica di Venezia venne spazzata via dalla storia.
Quando Napoleone assunse il controllo dell’armata d’Italia, l’eco dei princìpi di libertà e di uguaglianza che venivano dalla Francia era già arrivata nei vari Stati della penisola italiana, influenzando l’opinione pubblica. Quando poi, il 15 maggio, Napoleone entrò a Milano, fu accolto come un liberatore: la città divenne subito luogo di ritrovo per i patrioti di tutta Italia, pronti a dare vita a repubbliche che si ispiravano ai princìpi rivoluzionari.
Furono così fondate dalle truppe francesi, in territorio italiano, diverse “repubbliche sorelle”: la Repubblica Cispadana in Emilia – dove sventolò per la prima volta il tricolore verde, bianco e rosso –, poi aggregata alla Repubblica Cisalpina creata a Milano, la Repubblica Ligure, la Repubblica Romana e infine la Repubblica Partenopea, a Napoli.
Nelle quattro repubbliche vennero promulgate delle Costituzioni modellate su quella francese del 1795, furono soppressi i titoli nobiliari e i privilegi feudali, incamerati i beni della Chiesa, proclamate l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e la libertà di associazione e di stampa.
Dunque le repubbliche italiane apparivano formalmente libere, ma nella realtà erano sottomesse alla Francia: con essa mantennero un legame di sudditanza sia politica sia finanziaria, che sostituì agli entusiasmi iniziali un forte risentimento tra gli intellettuali e aperta ostilità tra il popolo; era la genesi degli ideali patriottici che si sarebbero poi fortemente sviluppati nel corso dell'Ottocento.
Una volta eliminata dalla scena l’Austria, alla Francia restava da battere l’altra grande nemica: la Gran Bretagna. Napoleone sapeva però che non avrebbe mai potuto vincere la sua flotta, che da secoli aveva acquisito un’indiscussa superiorità sul mare.
Pertanto scelse di colpire sulla terraferma l’Egitto, prospera provincia dell’Impero ottomano, i cui porti permettevano il controllo dei traffici commerciali inglesi dal Mediterraneo all’India. Nell’estate del 1798, l’armata napoleonica raggiunse l’Egitto, a bordo di centinaia di navi da trasporto, sfuggendo alla flotta inglese. Vicino al Cairo sconfisse, nella battaglia delle Piramidi, l’esercito egiziano dei Mamelucchi. Pochi giorni dopo, però, la flotta inglese, al comando dell’ammiraglio Horatio Nelson, sorprese la flotta francese, nella rada di Abukir, a ovest della foce del Nilo, e l’annientò. Napoleone rimase dunque bloccato a terra e completamente isolato, dal momento che gli Ottomani, riforniti dagli Inglesi, inviavano nuove forze per riconquistare il Paese.
Mentre Napoleone era bloccato in Africa, gli avversari si riunirono in una seconda coalizione antifrancese che comprendeva, oltre all’Inghilterra e all’Impero ottomano, l’Austria, la Russia e Napoli.
Contemporaneamente, nella penisola italiana si accesero, quasi ovunque, sollevazioni popolari, che poterono contare sull’appoggio degli eserciti della seconda coalizione. Tra aprile e settembre 1799 i Francesi dovettero abbandonare prima Torino, Milano, poi Napoli e infine Roma: al posto delle repubbliche furono restaurate le precedenti dinastie. A seguito della caduta della Repubblica Partenopea vennero giustiziati brillanti intellettuali e scienziati, eredi dell’Illuminismo.
All’inizio dell’estate del 1799, il Direttorio era ancora alle prese con gravissime difficoltà: le sconfitte militari avevano rinvigorito le opposizioni interne e si stava preparando un colpo di Stato. Fu allora che Napoleone si imbarcò in gran segreto su un piccolo bastimento, eludendo il blocco inglese in Egitto, e a ottobre giunse vicino a Nizza.
La notizia del suo ritorno venne accolta da un grande entusiasmo popolare: egli era ormai considerato l’unico in grado di restituire unità e ordine alla nazione. Raggiunta Parigi, prese le redini della cospirazione e riuscì – con il sostegno dell’esercito – a far sciogliere il Direttorio; quindi vennero assegnati i pieni poteri a tre consoli, tra cui Napoleone, con il compito di redigere una nuova Costituzione.
Fattosi poi nominare primo console, Napoleone fu investito di eccezionali poteri.
Passata con un plebiscito la nuova Costituzione, che limitava notevolmente la partecipazione della popolazione alla vita politica, Napoleone creò una struttura amministrativa fortemente accentratrice. A questo scopo dipartimenti, distretti e comuni, in cui era suddiviso il territorio, furono amministrati rispettivamente da prefetti, sottoprefetti e sindaci di nomina governativa. Riorganizzò poi il sistema finanziario, attraverso la creazione di funzionari specializzati e l’istituzione della Banca di Francia, con il potere di emettere la nuova moneta, il franco d’argento, e di definirne il valore.
Nel campo dell’istruzione, Napoleone istituì i licei, per formare una classe dirigente, e potenziò i politecnici, per preparare gli ingegneri e gli ufficiali nelle discipline tecniche e scientifiche.
Allo scopo di garantirsi più ampi consensi, Bonaparte pose fine alla lunga lotta che opponeva la Francia alla Chiesa cattolica. Dopo mesi di trattative con la Santa Sede, si giunse a un concordato: pur riconoscendo che il cattolicesimo era la «religione della maggioranza dei Francesi» venne garantito il principio della libertà religiosa, si stabilì che il clero fosse mantenuto a spese pubbliche, che i vescovi fossero scelti dal governo ma approvati dal papa e che non venissero riconsegnati alla Chiesa i beni espropriati durante la rivoluzione.
In questo quadro di globale riorganizzazione, rientrò anche la creazione di un Codice civile, il Codice napoleonico, la cui elaborazione fu avviata nei primi mesi del Consolato da una commissione di quattro giuristi, che avevano il compito di raccogliere in un unico corpus la tradizione giuridica francese.
Il Codice, che venne portato a compimento nel marzo del 1804, abolì ogni diritto e privilegio fiscale, propri dell’ancien régime, salvaguardò alcuni princìpi della Rivoluzione, come la libertà personale, l’uguaglianza davanti alla legge, la laicità dello Stato (già sancita dal Concordato).
Il Codice era stato pensato e redatto soprattutto per valorizzare gli ideali della borghesia; perciò regolamentò soprattutto le questioni riguardanti i diritti di proprietà – abolendo, tra l’altro, il maggiorascato, così da stabilire l’uguaglianza ereditaria per tutti i figli – e sostenne l’istituto della famiglia. Lasciò, però, ben poco spazio ai diritti delle donne, benché continuasse a garantire il divorzio.
Intanto, nella primavera del 1800, Napoleone valicò nuovamente le Alpi e, aiutate da un misto di audacia e di fortuna, le sue truppe riuscirono a sconfiggere gli Austriaci a Marengo, in Piemonte.
Nell’Italia centro-settentrionale furono subito ricostituite le repubbliche sorelle: la Cisalpina, ingrandita fino all’Adige e con una Costituzione modellata su quella del 1799, venne ribattezzata Repubblica Italiana e Napoleone fu nominato presidente (nel 1805 sarebbe stata trasformata in Regno d’Italia, con Napoleone re). Un’analoga Costituzione venne data alla Repubblica Ligure, mentre il Piemonte fu annesso alla Francia, così come furono poste sotto l’amministrazione francese anche Parma e Piacenza. Dall’orbita francese restavano esclusi solo il Veneto, una parte dello Stato Pontificio e il Regno di Napoli.
Nell’estate del 1802, facendosi forte delle vittorie militari, Napoleone consolidò ulteriormente il proprio potere, ottenendo dal popolo, con un plebiscito, che la sua carica di console divenisse a vita.
Ritenendo, però, che il regime fosse ancora fragile, due anni dopo decise di trasformare, ancora una volta con un plebiscito, il titolo di console a vita in quello di imperatore, rendendo ereditaria la dignità imperiale all’interno della sua famiglia.
Fu così che il 2 dicembre 1804 Napoleone si autoincoronò, con il consenso del popolo (e non “per grazia di Dio” come nell’Ancien Régime), imperatore dei Francesi.